La Val d’Orcia e l’ideale di Buon Governo
Se si digita su Google “Val d’Orcia” ci si accorge che “bellezza” può esserne il sinonimo perfetto. Questa magnifica terra Toscana, dal 2004 patrimonio mondiale dell’Unesco, affonda tuttavia la sua attuale bellezza anche (o meglio, soprattutto) nelle radici comuni di un territorio animato dai valori materiali e immateriali della sua gente. E gli anziani che oggi si riposano seduti su una panchina, all’ombra di una facciata pietrosa di uno dei cinque comuni della valle, ne sono probabilmente la conferma. Il loro faticoso e stancante lavoro di contadini ha infatti, diciamo recentemente, contribuito all’antropizzazione dell’identità di un paesaggio ridisegnato durante il periodo rinascimentale per rispecchiare gli ideali di buon governo e per creare un’immagine estaticamente gradevole; molta gente però, almeno che non sia cresciuta in un territorio rurale o almeno che non sia avvezza a lavori agricoli, continua a non avere alcuna idea di come lavoravano coloro che oggi sono i nostri nonni, tra povertà e assenza di diritti.
La Festa degli Antichi Mestieri a Radicofani
Il 2 Giugno, se il Coronavirus fosse rimasto soltanto uno sconosciuto termine scientifico relegato nelle pagine di una qualunque enciclopedia domestica, a Radicofani si sarebbe svolta la XVIIII edizione della Festa degli Antichi Mestieri, un consolidato appuntamento in cui le vie dell’antico borgo medievale, che fu casa di Ghino di Tacco, sarebbero tornate indietro di almeno settant’anni. Chiunque, turisti, curiosi visitatori della zona, gente di passaggio e pellegrini diretti a Roma, avrebbe potuto incontrare a ogni angolo sarte accovacciate a terra, arrotini, barbieri, mastri funai, calzolai, fabbri, falegnami, giovani ricamatrici chinate a ornare lunghe tovaglie bianche, stagnini, boscaioli, materassaie e molti altri figuranti, interpretati dagli abitanti di Radicofani, impegnati a lavorare all’insegna della riscoperta delle antiche tradizioni.
Quindi cantine aperte, esposizioni di antichi attrezzi agricoli e di logore fotografie di famiglia in bianco e nero, il lavoro collettivo del bucato con la cenere, la rievocazione della trebbiatura a mano e con macchine d’epoca, mungitura e produzione di formaggio. A tardo pomeriggio un po’ di svago: tutti a ballare la “quadriglia” e a scolarsi un bicchiere di vino rosso. Forse anche più di uno. Insomma, per quest’anno non resta altro da fare che poterci immaginare tutto ciò. Un po’, tra l’altro, come fanno ogni anno anche i giovani figuranti di Radicofani quando si calano nei panni del mastro funaio o della lavandaia.